Si parla spesso della utilità degli smartwatch e di come possano essere utili per la salute. Adesso però salta fuori un fattore assai controverso legato al loro utilizzo e dimostrato da un apposito studio.
Gli smartwatch sono diventati accessori indispensabili per molti, grazie alle tante funzionalità che sanno offrire. Ci sono dei comodi collegamenti nell’interfacciarci con questi moderni dispositivi da polso che spaziano dal monitoraggio dell’attività fisica e del ritmo cardiaco fino alla gestione delle notifiche. Addirittura a volte queste indicazioni hanno messo in guardia qualcuno dal fare attenzione perché stava per manifestarsi una malattia.
Dietro alla popolarità degli smartwatch però si nasconde un aspetto preoccupante che merita attenzione. Un recente studio condotto da un team di ricerca della statunitense Università di Notre Dame a South Bend guidato dal professor Graham Peaslee ha esaminato 22 cinturini realizzati con diversi materiali, rivelando potenziali rischi per la salute degli utenti.
Il team ha analizzato cinturini realizzati in fluoroelastomeri, plastica, pelle e metalli, scoprendo che non tutte le varianti presentano gli stessi rischi. Mentre alcuni materiali risultano più sicuri, altri, in particolare quelli in fluoroelastomero, si sono rivelati problematici. La ricerca ha dimostrato che tutti i cinturini realizzati con questo materiale contenevano sostanze chimiche potenzialmente dannose, in particolare l’acido perfluoroesanoico (PFHxA). Nove dei 22 braccialetti analizzati presentavano livelli di PFHxA superiori a 1000 parti per miliardo, un valore che supera di gran lunga quello trovato in altri prodotti di consumo.
Il professor Peaslee ha sottolineato l’allarmante scoperta, evidenziando come queste concentrazioni possano rappresentare un serio rischio per la salute degli utenti, suggerendo che la questione meriti un’ulteriore attenzione da parte della comunità scientifica e dei consumatori. Al contrario, i cinturini realizzati in silicone hanno mostrato livelli minimi o addirittura non rilevabili di queste sostanze chimiche.
Questo suggerisce che, almeno secondo l’analisi effettuata, i cinturini in silicone potrebbero rappresentare un’opzione più sicura per i consumatori. In un mercato in cui la sicurezza dei prodotti è fondamentale, questa informazione potrebbe influenzare le decisioni d’acquisto di molti.
Un altro aspetto interessante emerso dallo studio è che i cinturini con un prezzo superiore ai 30 dollari tendevano a presentare livelli più elevati di fluoro rispetto a quelli con un costo inferiore a 15 dollari. Questo implica che i prodotti di marche premium potrebbero comportare un rischio maggiore di esposizione alle sostanze chimiche rispetto alle alternative più economiche.
Tra i marchi esaminati nello studio ci sono nomi noti come Apple, Nike, Fitbit (di proprietà di Google) e Samsung. Le aziende, informate dei risultati, hanno risposto in modo cauteloso. Samsung e Google hanno dichiarato di aver bisogno di ulteriori tempo per analizzare le implicazioni della ricerca, mentre Apple non ha fornito alcuna risposta ufficiale.
Gli autori dello studio hanno chiarito che la loro analisi ha esaminato solo una piccola parte delle oltre 14.000 sostanze chimiche esistenti nel mondo, evidenziando l’importanza di ulteriori ricerche per comprendere meglio la presenza e l’impatto di queste sostanze sulla salute. Già studi precedenti hanno dimostrato che queste sostanze chimiche possono essere assorbite dalla pelle, portando con sé rischi significativi per la salute.
In attesa di ulteriori chiarimenti e di un’azione più decisa da parte dei produttori, ci sono alcune precauzioni che i consumatori possono adottare. È consigliabile evitare cinturini in fluoroelastomero e preferire quelli in silicone. Inoltre, limitare l’uso del dispositivo durante il sonno o in situazioni di inattività potrebbe essere una strategia utile per ridurre l’esposizione.
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