La manovra di Bilancio 2025 ha apportato alcune modifiche di rilievo sul fronte delle pensioni anticipate: in particolare andare in pensione a 64 anni ora è più semplice. Ma sei sicuro che sia anche conveniente? 2 svantaggi di cui quasi nessuno parla.
Grazie ad un importante cambiamento introdotto dalla Manovra di Bilancio 2025, da quest’anno accedere alla pensione con qualche anno di anticipo sarà un po’ più facile per tanti lavoratori. In particolare sarà più facile sfruttare la misura anticipata contributiva che consente di uscire dal lavoro a soli 64 anni anziché attendere fino a 67.
Bisogna precisare subito una cosa: questa possibilità di andare in pensione con 3 anni di anticipo rispetto alla legge Fornero già esisteva, non è una novità assoluta. Già da anni, infatti, i lavoratori contributivi puri – cioè quei lavoratori che non hanno contributi antecedenti al 1996 – possono andare in pensione a 64 anni con 20 anni di contributi.
Anche nel 2025, a differenza di quanto molti pensavano, questa possibilità continuerà a rivolgersi solo ed esclusivamente a chi non ha nemmeno un contributo prima del 1996, anno in cui, appunto, il sistema di calcolo contributivo ha preso il posto del sistema di calcolo retributivo. Che cosa è cambiato allora? Vediamo tutto nel prossimo paragrafo.
Il Governo di Giorgia Meloni, con la manovra di Bilancio 2025, ha modificato un aspetto fondamentale della pensione anticipata contributiva: da quest’anno, in pratica, uscire dal lavoro a 64 anni sarà un po’ più semplice per i lavoratori contributivi puri. Ma non sono solo rose e fiori: c’è anche qualche aspetto meno piacevole di cui occorre tenere conto.
Come anticipato, la pensione anticipata contributiva non è una novità: già negli anni scorsi chi non ha contributi antecedenti all’anno 1996 poteva andare in pensione con 20 anni di contributi a 64 anni anziché a 67. Però, per fruire di questo beneficio era ed è necessario aver maturato un assegno previdenziale pari o superiore a certe soglie minime che sono le seguenti:
Considerando che quest’anno l’assegno sociale corrisponde a circa 538 euro al mese, raggiungere tali importi solo con i contributi Inps non è facile. Dunque, per agevolare i lavoratori, il Governo Meloni ha introdotto la possibilità di sfruttare anche la pensione privata integrativa per raggiungere le cifre necessarie a lasciare il lavoro a 64 anni.
Da quest’anno chi non ha versato contributi prima del 1996 potrà accedere alla pensione a 64 anni con maggiore facilità in quanto potrà avvalersi anche della previdenza complementare per raggiungere le soglie minime richieste. Ma ci sono due piccoli “nei” da considerare bene.
In primis chi sceglierà di avvalersi anche della pensione integrativa non potrà andare in pensione con solo 20 anni di contributi ma dovrà averne maturati almeno 25. In secondo luogo chi sceglierà di sfruttare anche la pensione privata per uscire dal lavoro a 64 anni, poi non potrà rimettersi a lavorare.
Sarà ammesso solo il lavoro autonomo occasionale fino ad un massimo di 5000 euro all’anno. Pertanto se una persona avesse necessità di arrotondare l’assegno mensile per aiutare un figlio o i nipoti o per altre ragioni personali, non potrà tornare a lavorare stabilmente come dipendente né come libero professionista. Per coloro che, invece, raggiungeranno le soglie minime richieste senza pensione integrativa, resterà tutto come prima: 20 anni di contributi e possibilità di rimettersi a lavorare.
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