La crisi demografica minaccia non solo l’Italia ma anche gran parte dell’Europa: la soluzione può essere quella adottata dal Giappone?
I dati Istat riguardanti il 2023 hanno confermato che la crisi demografica nel nostro Paese è tutt’altro che risolta, anzi il tasso di natalità continua a scendere e le misure messe in atto dal governo al momento non hanno dato i risultati sperati. Sebbene sia presto per poter giudicare la validità degli aiuti economici forniti alle famiglie, viene da chiedersi se l’intervento in tal senso non debba essere più incisivo e radicale.
L’assegno unico è sicuramente un grosso aiuto, così come il bonus asilo e i congedi per le madri che lavorano. Buona anche l’iniziativa inserita nella Manovra 2025 sui nuovi nati, la carta Natalità che aggiunge 1.000 euro di bonus a famiglia per chi accoglie un bambino nella propria casa nel 2025.
Per capire se sono riusciti ad arrestare la decrescita della natalità bisognerà attendere i dati Istat 2024 e 2025, tuttavia la fotografia attuale fornita dai dati del 2023 è tutt’altro che incoraggiante: l’anno scorso in Italia sono nati 379.000 bambini (14mila in meno dell’anno precedente) ed il tasso di natalità è stato del 6,4 per mille (inferiore al 6,7 dell’anno precedente).
Le motivazioni sono sicuramente varie, con in testa la precarietà delle posizioni lavorative dei più giovani e le conseguenti difficoltà nell’affermarsi e nel poter costruire un futuro per se stessi e la famiglia. Di certo non aiuta l’impostazione della settimana lavorativa, visto che nella maggior parte dei casi si tratta di lavorare 6 giorni su 7 almeno 8 ore al giorno.
Crisi demografica, la soluzione è quella adottata in Giappone?
Una situazione simile a quella nostra, anzi peggiore, è quella che sta vivendo il Giappone. In base ai dati statistici il 2023 è stato l’anno più negativo della storia recente per il Paese del Sol Levante dal punto di vista della crescita demografica con con i nuovi nati che sono scesi a 758.631, portando il tasso di fertilità a 1,2 figli per donna, ben al di sotto del 2,1 necessario a garantire la stabilità della popolazione.
Data la situazione di crisi, l’amministrazione della città di Tokyo ha deciso di ridurre la settimana lavorativa dei dipendenti comunali a 4 giorni a settimana. La speranza è che concedere 3 giorni di riposo ai lavoratori possa permettere loro di dedicare maggiore tempo alla famiglia e dunque avere la possibilità e la voglia di allargarla.
Una settimana lavorativa più corta è di sicuro un bene in generale per la popolazione, soprattutto in un Paese che ha un’attitudine maniacale al lavoro – i casi di karōshi (morte per eccesso di lavoro) sono ancora tristemente frequenti – perché consente di donare maggiore equilibrio al rapporto vita privata – lavoro.
Inoltre recenti esperimenti sociali svolti in varie parti del mondo hanno dimostrato che una settimana lavorativa corta aumenta la soddisfazione dei dipendenti, rendendoli maggiormente vogliosi di lavorare e dunque aumentando la loro produttività. Dipendenti più produttivi equivale a maggiori risultati e dunque anche profitti.
In aggiunta alla riduzione di giorni lavorativi, i lavoratori con figli avranno a disposizione anche la possibilità di ridurre di 2 ore il turno di lavoro giornaliero per occuparsi meglio dei figli e gli asili nido saranno totalmente gratuiti. Bisognerà attendere per capire se queste misure funzioneranno, ma qualora fosse così sarebbero da replicare anche qui da noi.
Certo il tutto dev’essere coadiuvato dall’adeguamento degli stipendi al costo della vita, così da non costringere i lavoratori a cercare un secondo lavoro per pagare tutto, vanificando di fatto la settimana corta e l’equilibrio che si cerca di stabilire.